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Il cervelletto: non solo motilita’. Parte prima |
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Inserito il 06 settembre 2023 da admin. - psichiatria_psicologia - segnala a:
Oltre alla funzione motoria e relativa al mantenimento dell’equilibrio, storicamente riconosciute com’essere sotto il controllo di una particolare zona cerebrale qual è il cervelletto, esso è implicato in un’altra serie di funzioni che afferiscono alla sfera emotivo-affettiva e al neurosviluppo, in particolar modo per quanto concerne i soggetti in età evolutiva.
IL CERVELLETTO: STRUTTURA E FUNZIONI Studi neuropsicologici e tecniche di neuroimaging hanno dimostrato ruoli altri del cervelletto, in particolar modo per ciò che concerne i processi di modulazione cognitivi ed affettivo-comportamentale. Gli strumenti di neuroimaging hanno consentito l’individuazione di strutture cerebrali specifiche coinvolte nei suddetti processi: una notevole quantità di nuclei pontini che salgono al collicolo superiore o mesencefalo e sinaptano col cervelletto portando informazioni afferenti alla neocorteccia cerebrale. La neocortex o neocorteccia, isocorteccia o neopallio, rappresenta la zona cerebrale filogeneticamente sviluppatasi per ultima e rappresenta una quasi il 90% della superficie cerebrale; le sue funzioni principali sono relative all’apprendimento, alla memoria ed al linguaggio. Riflettendo sull’aspetto comunicativo ed emozionale di queste tre funzioni si comprende il collegamento neuro-anatomico che vi è tra cervelletto e neocortex e rispettiva influenza sull’emotività. Se immaginassimo un essere umano privo di memoria e di linguaggio, inteso esso nelle sue varie forme, verbale e non verbale, avremmo l’idea di un soggetto in grado sì di sperimentare vissuti emotivi ma non in grado di trasferire all’altro gli stessi in virtù di un deficit oggettivo a carico del funzionamento esecutivo; ciò comporterebbe un limite rispetto alla comunicazione che è preludio di una qualsiasi emozione.
Una zona cerebrale precisa è coinvolta nel processo di elaborazione emotiva, chiamata per questa ragione “cervello limbico”, a differenza delle zone posteriori del cervelletto che si occupa delle funzioni cognitive complesse grazie ai circuiti neurali che lo collegano alla corteccia prefrontale, temporale, parietale posteriore e limbica. Sia la regione prefrontale che quella cerebellare sono coinvolte nelle funzioni cognitive di ordine superiore, tra cui il linguaggio, ma un’eventuale lesione in una parte piuttosto che nell’altra comporterebbe differenti situazioni cliniche; a conferma del ruolo affine ma diverso delle due zone cerebrali.
La clinica dimostra che un danno cerebellare, oltre a compromissioni linguistiche e motorie, comporterebbe una ridotta comprensione e capacità espressiva di alcune emozioni, in particolar modo della tristezza.
Un danno ai circuiti di collegamento tra lobo frontale e cervelletto, invece, determinerebbe una ridotta o nulla comprensione dell’espressione del viso altrui, dello stato emotivo a partire dal tono di voce dell’interlocutore.
Queste attivazioni solo apparentemente banali e immediate, prevedono il coinvolgimento attivo del cervelletto che, se leso, direttamente o se lesi i circuiti attraverso cui viaggiano le informazioni da un lobo all’altro, verrebbero inficiate compromettendo la capacità del soggetto nel vivere quotidiano di agire in autonomia, prendere decisioni adeguate e congrue al contesto ed alla richiesta circostante, le sue relazioni sociali e la comunicazione. L’incapacità di comprendere l’intenzione altrui e lo stato emotivo altrui, inoltre, può rappresentare per il paziente cerebroleso un motivo di rischio e pericolo costante, potendo essere coinvolto inconsapevolmente in situazioni non ottimali.
Un’altra condizione clinica che consente di comprendere le diverse funzioni svolte dal cervelletto afferenti alle varie aree (cognitiva, motoria, emotiva) è la sindrome cerebellare cognitivo affettiva. Si tratta di un quadro clinico complesso che si caratterizza per la coesistenza di sintomi di varia natura: deficit a carico delle funzioni esecutive quali problem solving, pianificazione, memoria, attenzione, flessibilità cognitiva, ragionamento astratto con perseveranza, distrazione, compromissione della organizzazione visuo-spaziale e memoria visuo-spaziale; cambiamenti repentini di personalità con ottundimento affettivo, comportamento disinibito e inappropriato, difficoltà linguaggio in espressione con anomia lieve, disprosodia, agrammatismo. Questa sindrome è facilmente rilevabile in pazienti con danno bilaterale.
Indagini neuropsicologiche e cliniche condotte su tali pazienti hanno posto in evidenza la presenza di compromissioni in vari domini, contribuendo a dimostrare il ruolo determinante del cervelletto nell’acquisizione di abilità cognitive complesse ed affettive. Uno dei risultati maggiormente degni di nota, in termini di innovazione ed avanzamento scientifico, riguarda la gravità dei danni motori. Questi ultimi, oltre che essere meno evidenti, tenderebbero a migliorare lentamente ed in maniera progressiva, in alcuni pazienti giungendo al recupero della funzionalità quasi completa. Viceversa i danni relativi alla sfera linguistica ed emotivo-affettiva che tenderebbero a restare stabili nel tempo nonostante l’adeguata e tempestiva presa in carico del paziente cerebroleso.
(segue la parte seconda)
Dr.ssa Annamaria Ascione- Psicologo Clinico Psicoterapeuta Dr.ssa Federica Di Paolo - Psicologo Clinico - Neuropsicomotricista.
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