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Il metodo induttivo
Inserito il 05 novembre 2023 da admin. - scienze_varie - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  



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Buona lettura

Renato Rossi


Il metodo induttivo parte da una serie di osservazioni per ricavarne una legge, una teoria, un’ipotesi: dal particolare arriva al generale. Segue quindi il percorso inverso rispetto a quello deduttivo. Questo modo di procedere è tipico del metodo sperimentale: l’osservazione di singoli casi consente di elaborare una regola con valore generale.
Per esempio potremmo dire, riferendoci sempre all’esempio proposto dal filosofo americano Peirce:
 queste biglie sono rosse;
 queste biglie provengono da questo sacchetto;
 tutte le biglie di questo sacchetto sono rosse.

Si noti che sia la premessa maggiore che quella minore sono vere, ma la conclusione è solo probabile in quanto non abbiamo osservato tutte le biglie del sacchetto ma solo un certo numero.
Alla stessa maniera potremmo dire:
 queste persone provengono dai paesi scandinavi;
 queste persone sono di statura elevata e di carnagione chiara;
 perciò gli scandinavi sono tutti persone di alta statura e di carnagione chiara.

Questa regola/ipotesi generale è solo probabile e resterà valida finché non troveremo una persona di origine scandinava che farà eccezione perché di bassa statura o di carnagione scura. Allora dovremo modificare la nostra conclusione ammettendo che non ha valore generale.
Il ragionamento induttivo, infatti, si basa sull’assunzione che certe regolarità viste in un numero sufficiente di casi continueranno a verificarsi anche in futuro: questo però è possibile ma non necessariamente sempre vero.
Ad esempio:
 si osservano molti soggetti con esoftalmo;
 si nota che essi sono affetti da ipertiroidismo;
 si ricava la regola/ipotesi che l’esoftalmo sia dovuto all’ipertiroidismo.

Possiamo essere sicuri di questa nostra conclusione? Se vediamo un paziente con esoftalmo vi è davvero sempre un ipertiroidismo? Poiché noi non abbiamo visto “tutti” i casi di esoftalmo, la nostra teoria/ipotesi ha valore solo probabilistico. Infatti l’esoftalmo potrebbe essere causato da condizioni diverse dal morbo di Graves (per esempio dacriocistite, glaucoma, neoplasie retro-orbitarie, ecc). Per avere la certezza che si tratta di un ipertiroidismo dobbiamo sottoporre la nostra ipotesi a degli accertamenti di conferma o di smentita.
Ovviamente la regola che si ricava da una serie di osser-vazioni particolari è tanto più valida quante più osservazioni si fanno, ma il metodo è esposto a errori, come è stato ben descritto dalla metafora del tacchino induttivista di Bertrand Russel (ripresa in seguito anche da Karl Popper).
In un allevamento un tacchino osservò che alle ore 9 di ogni mattina gli veniva regolarmente portato del cibo. Tuttavia il tacchino, conscio che poche osservazioni non consentivano di trarre una legge generale, aumentò il numero delle rilevazioni per maggiore sicurezza e vide che effettivamente ogni mattino alle 9 gli veniva servito del cibo. Alla fine, dopo moltissime osservazioni, il tacchino trasse la conclusione che regolarmente, alle ore 9 esatte, avrebbe avuto il suo pranzo. Questa regola, ritenuta ormai acquisita, si rivelò del tutto errata alle ore 9 del 24 dicembre quando, invece di ricevere il desinare, il tacchino, con sua enorme sorpresa, venne sgozzato per il pranzo di Natale. In altre parole, per quante osservazioni si possano fare in modo da ricavarne una legge universale non si può mai essere certi della sua validità perché potremmo in futuro fare un’osservazione contraria. Come diceva Popper, per quanti cigni bianchi si osservino potremo sempre incontrare un cigno nero.
Quindi la conclusione che si ricava da una serie di rilevazioni, pur numerose, non può avere una valenza assoluta se non in rari casi, più che una regola è un’ipotesi.
In pratica siamo nella stessa situazione del tacchino induttivista: abbiamo registrato scrupolosamente il comportamento dell’agricoltore per 364 giorni, ma la vigilia di Natale la no-stra conclusione è stata smentita clamorosamente.
Ipotizziamo ora di essere dei medici di un reparto di malattie infettive e osserviamo che:
 ci sono pazienti ricoverati per ittero;
 tutti hanno un’epatite da HBV o HCV;
 ne traiamo la conclusione che le epatiti virali di tipo B o C sono caratterizzate dalla presenza di ittero.

Si tratta di una regola sempre valida? Ovviamente no perché sono stati descritti casi di epatite anitterica: quindi la mancanza di ittero non ci permette di escludere con sicurezza matematica un’epatite virale. D’altra parte non possiamo nemmeno concludere che la presenza di ittero significhi sempre epatite perché questo segno potrebbe essere dovuto a molte altre patologie (per esempio un tumore pancreatico, un’anemia emolitica, una calcolosi oppure una stenosi o una qualsiasi patologia delle vie biliari). La conclusione che abbiamo tratto dalle nostre osservazioni non è valida in modo assoluto perché non abbiamo osservato “tutti” i pazienti con ittero, ma solo quelli che erano ricoverati in “quel” reparto di malattie infettive.
In un altro reparto di malattie infettive potremmo trovare pazienti con epatite virale senza ittero, mentre in un reparto chirurgico probabilmente vedremmo malati con ittero affetti da una patologia biliare o pancreatica e nessuno con epatite virale.
Vediamo un altro esempio: lavoriamo in un reparto cardiologico e una serie di osservazioni ci mostra che nei pazienti affetti da ipertensione e iperaldosteronismo vi è una riduzione della potassiemia. Possiamo concludere che nel paziente con ipertensione e ipopotassiemia vi è sempre un aumento dell’aldosterone? Non possiamo perché questa alterazione biochimica potrebbe dipendere da altri fattori (come per esempio una terapia diuretica). L’affermazione corretta è che se troviamo un paziente iperteso con ipopotassiemia è possibile (ma non certo) che questa sia dovuta a un iperaldosteronismo. D’altra parte, non possiamo neppure inferire che in assenza di ipopotassiemia non vi è iperaldosteronismo in quanto è stato dimostrato ormai in modo definitivo che in circa il 50% dei casi di iperaldosteronismo il potassio è normale. Se pensassimo che solo in caso di ipokaliemia dobbiamo ipotizzare un iperaldosteronismo correremmo il rischio di mancare la diagnosi in un certo numero di pazienti.






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