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Comunicazione elettronica come “arma impropria” (Parte 1) Generalita'
Inserito il 27 novembre 2024 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

La Comunicazione elettronica si e' trasformata nel tempo in una vera e propria "arma" con cui aggredire e danneggiare chiunque si voglia. Un esame della situazione dal punto di vista legale

Avevamo già espresso, in tempi non sospetti (V. Pratica Medica & Aspetti Legali 2008 ), il nostro allarme in merito al possibile uso improprio della comunicazione elettronica (all'epoca basata essenzialmente su e-mail e mailing-list), paragonandola ad una “arma impropria” quando è utilizzata al fine di ledere o delegittimare altri soggetti, ritenuti, a torto o a ragione, “nemici” .

In merito a tale fenomeno degenerativo, infatti, la cd. “netiquette” si era dimostrata, sin da subito, uno strumento di lotta e di prevenzione del tutto inefficace, trattandosi di regole informali di autoregolamentazione della condotta dell'utente del web, il cui rispetto non è imposto da alcuna norma di legge e la cui violazione, quindi, non prevede alcuna sanzione significativa.

La conseguenza di quanto sopra, è stata che l'unico strumento di contrasto all'uso improprio della comunicazione elettronica si esauriva nell'ordinaria normativa, civilistica e penalistica, elaborata nel '900 in relazione alle tradizionali forme di comunicazione e poi applicata, nel nuovo millennio, anche al mondo reale-globalizzato ed al mondo virtuale-web.

Oggi, purtroppo, dobbiamo constatare che l'uso improprio della comunicazione elettronica è divenuto ancora più esteso, sotto il profilo sia quantitativo, sia qualitativo.
Infatti, l'universalizzazione dell'accesso ad internet, nonché la diffusione su scala mondiale dei social network, delle app di messaggistica e degli smartphone, hanno determinato un contesto web unitario ed interconnesso, formato da miliardi di utenti, di tutte le età ed estrazione socio-culturale, costantemente connessi e che agiscono semplicemente “come meglio credono”.

Per altro verso, le nuove tecnologie (si pensi all'intelligenza artificiale generativa, o ai sistemi di criptazione delle comunicazioni) ed i limiti della legislazione tradizionale (si pensi alle difficoltà delle indagini transfrontaliere) hanno determinato la nascita, in tutti i Paesi, di gruppi di interesse politico-economico pronti a sfruttare, in ogni direzione, le potenzialità del nuovo contesto globale-virtuale, potendo fare affidamento, di fatto, sulla propria impunità.

E' significativo, in tal senso, il siparietto verificatosi tra il Ministro Giorgetti ed una giornalista, nel corso di un'intervista riportata su vari quotidiani:
- Giornalista: “Ministro, io le scrivo sempre su Facebook…”
- Giorgetti: “Signora, non so come faccia a parlare con me, io non ho Facebook!” . E dopo qualche istante di silenzio e di risate trattenute, il Ministro prosegue e svela l'arcano: “È pieno di miei profili falsi. Usano la mia immagine, la mia voce con l'intelligenza artificiale per pubblicizzare prodotti finanziari assurdi. Molti amici mi scrivono: 'Ma cosa ti sei messo a fare?'”. I presenti ridono ed il Ministro conclude: “Partono le denunce, ma non so, andranno in Wisconsin o chissà dove. Però, non producono alcun risultato”.

Ovviamente, un Ministro dispone di mezzi e di una visibilità mediatica che gli permettono “il lusso” di poter ignorare le “chiacchiere” telematiche o addirittura le fake news che lo riguardano.
Ma un comune cittadino, colpito nella sua reputazione o immagine o professionalità, può permettersi lo stesso atteggiamento noncurante di un Ministro? E se, invece, decide di agire a tutela dei propri diritti, quali strumenti ha a disposizione?

Il fenomeno socio-culturale di cui stiamo discutendo è molto complesso, ma, di fondo, possiamo partire da una constatazione pacifica: la comunicazione “deteriorata”, di scarsa od infima qualità, viene favorita dalla confortevole (ma spesso illusoria) apparenza di anonimità del mezzo o, addirittura, di impunità dell'autore.

E' per questo motivo che, nel corso degli anni, si è assistito all'inesorabile proliferare dei “leoni da tastiera”: soggetti che, sovente miti o pavidi nella vita reale, diventano invece aggressivi e compulsivi nel mondo della comunicazione elettronica, visto come un luogo virtuale in cui poter dare libero sfogo alle proprie frustrazioni e pulsioni utilitaristiche (vendette, invidie, gelosie e narcisismi di varia natura). Salvo poi finire, spesso, nelle aule dei Tribunali e vedersi condannare (“sorprendentemente” dal loro punto di vista) a sanzioni civili o penali.

In altri casi, invece, dietro la comunicazione scorretta/illecita v'è un calcolo del tipo “costi-benefici”, che si fonda sulla ponderazione delle conseguenze della propria condotta in termini di vantaggi (immediati e potenzialmente molto elevati), da un lato, e di sanzioni (eventuali, poco afflittive o addirittura inesistenti), dall'altro.

E tale calcolo viene eseguito praticamente in ogni contesto di riferimento: dagli ambiti più ristretti (si pensi a newsgruop o mailing-list di natura politica od ordinistica), fino ai livelli più elevati ed addirittura transnazionali, che ha visto nascere una vera e propria industria delle fake news, molto redditizia e capace di spostare finanche gli equilibri politici, economici e sociali di un intero Paese.

2. Le comunicazioni elettroniche: “comunicazione” e “corrispondenza”.
Le comunicazioni elettroniche possono essere osservate da due prospettive differenti, entrambe enucleabili dal disposto dell'art. 15 della Costituzione:
- come “comunicazione” in senso stretto: in questa prospettiva, rileva il “contenuto” della comunicazione elettronica e, sotto il profilo delle possibili condotte illecite, vengono in evidenza le note fattispecie dell'ingiuria e della diffamazione;
- come “corrispondenza” in senso lato: in questa prospettiva, rileva la “essenza” stessa della comunicazione elettronica e, sotto il profilo delle possibili condotte illecite, vengono in evidenza le fattispecie della violazione o rivelazione di corrispondenza, nonché di trattamento illecito dei dati personali.

3. Le comunicazioni elettroniche come “comunicazione”.
Le comunicazioni elettroniche costituiscono, innanzitutto, una “comunicazione” in senso stretto, e cioè una forma di manifestazione del pensiero che, ai sensi dell'art. 21 Cost., può avvenire “liberamente con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
L'avverbio “liberamente”, tuttavia, non significa che chiunque possa dire o scrivere impunemente tutto ciò che vuole, in quanto la libertà espressiva/comunicativa di ogni soggetto incontra il limite del rispetto dei diritti degli altri consociati.
E nella materia in esame, il limite è costituito dal rispetto del diritto dell'altrui reputazione, onore e decoro, travalicando il quale si incorre nelle fattispecie illecite dell'ingiuria e della diffamazione.
Peraltro, le comunicazioni elettroniche (email, messaggistica whatsapp, bacheca facebook, etc...) possono rilevare anche ai fini della commissione di altre tipologie di reato.

Si pensi, ad esempio, al reato di minaccia previsto dall'art. 612 c.p., che può essere commesso anche mediante una comunicazione elettronica e che, se inviata in forma “anonima”, comporta anche l'aggravante prevista dall'art. 339 c.p.; o al reato di estorsione ex art. 629 c.p., la cui integrazione in forma scritta non costituisce affatto un'ipotesi teorica.
Si pensi, ancora, ai reati di molestia ex art. 660 c.p. e di atti persecutori (“stalking”) ex art. 612-bis c.p., molto diffusi con il mezzo della messaggistica telefonica.
O si pensi, infine, al reato di istigazione al suicidio ex art. 580 c.p., di cui sono piene le cronache che ci raccontano di giovani che ricevono insostenibili pressioni ed insulti sulle loro bacheche social, fino a giungere al gesto estremo.

Quanto sopra dimostra, ove mai ve ne fosse bisogno, che la comunicazione elettronica, per come risulta oggi generalizzata e malamente utilizzata, costituisce sempre più un'arma impropria capace di colpire chiunque, in modo più o meno consapevole, o a volte anche calcolato.
Per tale ragione, un intervento di tipo educativo e culturale, prima ancora che processuale-repressivo, risulta senz'altro auspicabile ad ogni livello della nostra società.

Avv. Massimiliano Maiellaro - Roma
Dott. Daniele Zamperini, medico-legale

(Segue la parte 2: Ingiuria e diffamazione)

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