vai alla home introduttiva di Pillole.org
 
  Pillole 
   
 
Iscritti
Utenti: 2335
Ultimo iscritto: lalberghini
Iscritti | ISCRIVITI
 
LA BELLA ROSSA
Inserito il 30 maggio 2025 da admin. - professione - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

Mi chiamo Antonio, e a modo mio sono un parrucchiere.

Quando dico cosi’, la gente mi guarda con aria un po’ confusa. Le persone educate stanno zitte, gli altri (quelli, diciamo, piu’ ‘spontanei’) non resistono: “Che significa ‘a modo mio?”.
Cosi’ capisco subito con che tipi ho a che fare. Non che sia importante: e’ il mio modo di giocare con la gente.
Allora spiego “Sono “parrucchiere” in senso etimologico: faccio parrucche”.

E spiego:
“ In realta’ volevo davvero, inizialmente, fare il parrucchiere in senso “classico”; pensavo di aprire un salone in centro, dove donne bellissime sarebbero venute per farsi acconciare da me, meravigliate dalla mia abilita’ di renderle ancora piu’ belle, e poi a volte…
Ma quello che sognavo dopo, e’ riservato e vietato ai minori.
Era successo pero’ che il destino mi aveva fatto conoscere Amintore. Nulla di strano: era il padre di un compagno di scuola, e aveva una bottega di parrucchiere; quale occasione migliore per imparare un po’ il mestiere?

Il negozio di Amintore si trovava effettivamente al centro, in una stradina laterale, a due passi dall'ospedale.
C’era effettivamente un certo viavai, ma era per la maggior parte erano signore attempate che avrebbero dato qualsiasi cosa per sembraret piu’ giovani. Io ed Amintore facevamo grandi sorrisi e grandi complimenti, ma dentro di me, con un brivido, vedevo impallidire i miei sogni.

Le ragazze piu’ giovani invece erano piu’ rare, e venivano al negozio con un’ aria strana, quasi spaventate, degnandomi solo di un rapido sguardo. Amintore di solito dava loro appuntamento sul tardi, verso la chiusura, e se le portava nella saletta posteriore, dove le vedevo parlare animatamente.
Amintore poi cominciava a manovrare le parrucche in mostra, provando l’ una e l’ altra e appoggiando ciuffi di capelli intorno al viso. Poi di solito prendeva da un armadio delle parrucche “speciali”, di varia foggia e colore e le provava su di loro. Un lavorio misterioso, considerando il fatto che alcune di esse non sembravano averne affatto bisogno.

Me lo spiego’ un giorno, in un momento che la bottega era vuota: quelle persone “speciali”, mi spiego’, erano pazienti del vicino ospedale oncologico dove avevano appreso di essere portatrici di una grave malattia e, insieme, avevano la speranza di poter forse guarire, pur al prezzo di lunghe chemioterapie.
Avevano appreso i disturbi devastanti della chemio che, tuttavia, dovevano essere sopportati.
Tra questi disturbi, assolutamente secondario ma tuttavie temutissimo dalle donne, era la perdita dei capelli. I medici ne accennavano con un’ alzata di spalle (di fronte alla guarigione, cosa contava la perdita temporanea dei capelli?) e non si rendevano conto dell’effetto distruttivo con cui questo fenomeno trasformava persone piene di vita e di spirito in pallidi spaventapasseri spelacchiati. Siccome pero’ questo problema era davvero molto sentito dalle pazienti, i medici avevano preso l’ abitudine di mandare le pazienti da Amintore.

Un mezzo psicologo (in realta’ si trattava di Lorenzo, l’ impresario di pompe funebri ovvero, alla romana, “il cassamortaro”) aveva spiegato ad Amintore che la cura, ancor piu’ della malattia, devastava l’ immagine che ciascuna aveva di se’.
Lorenzo aveva l’ ingrato compito di truccare e abbellire le infelici che non avevano reagito alle cure. Per aiuto, si rivolgeva ad Amintore.

Amintore amava il suo lavoro, e lo appagava il pensiero di poter dare un po' di sollievo e di bellezza a chi soffriva due volte, per la malattia e per la perdita dei capelli.
Accoglieva le clienti con un sorriso e una parola gentile, cercava di capire le loro esigenze e i loro gusti, poi ne sceglieva una tra le tante che aveva in esposizione o, se non era convinto, ne progettava una su misura.
Era un vero artista, lavorava con capelli naturali o sintetici, ne adattava i colori, i tagli e lunghezze, con risultati davvero splendidi.
Molte clienti tornavano da lui dopo la chemio, contente e soddisfatte, commentando ridendo come, con i loro capelli naturali non fossero cosi’ belle come con le parrucche di Amintore.

Io pero’ ero solo un apprendista, e all’ inizio me ne stavo nella sala ad occuparmi delle clienti “normali”, quelle della permanente e dei colpi di sole.

Un giorno come un altro ebbi una cliente inaspettata. Era una donna giovane e bella, con i capelli corti, ricci e bruni. Le stavano benissimo, e mi meravigliai parecchio quando disse che aveva sentito parlare di noi, e voleva comprare una parrucca. Ci giuro’, ridendo che non era una malata oncologica e che non doveva fare chemioterapia. La cosa curiosa era che la voleva del tutto diversa dai capelli naturali.
La voleva riccia, lunga, e rossa. Aveva sempre sognato, mi disse, di apparire cosi’, e voleva fare uno scherzo al suo fidanzato.
Non aveva torto: quando ne provo’ alcune che avevamo gia’ pronte, sembro’ che cominciasse a risplendere. Rimasi a bocca aperta a guardare quella bella ragazza che si trasformava in una meravigliosa sirena.
Poi pero’ non ne compero’ nessuna: lascio’ un sostanzioso acconto e chiese ad Amintore che gliene preparasse una uguale, ma di capelli naturali. E se ne ando’.

Trovare capelli naturali di quel colore non fu facile. Lei torno’ un paio di volte a provarla. Chiedeva ogni volta delle piccole modifiche al taglio o al colore ed ebbi quasi l’ impressione che fossero solo scuse per tornare. Una sera mi feci coraggio e mi accostai per baciarla. Lei non mi respinse, rispose con un bacio leggero, quasi malinconico, poi si scosto’, silenziosa, e se ne ando’ senza tornare piu’.
Siccome aveva lasciato i suoi recapiti, mi trovai piu’ volte a passare “casualmente” da quelle parti ma non ebbi mai la fortuna di incontrarla.
Volevo chiederle scusa, ma non ci riuscii.

Passo’ del tempo, Amintore aveva finito di preparare la parrucca, ma la “bella ragazza” (ormai dentro di me la chiamavo cosi’) non si fece vedere.
Aspettammo, invano. Amintore ne accennava ogni tanto con aria preoccupata: era certo che non fosse una malata oncologica pero’ non capiva la situazione.
Un giorno arrivo’ una telefonata: una voce maschile chiese se avevamo una consegna da fare per la signorina tal dei tali. Ovviamente rispondemmo di si’.
“Le sarei davvero grato – concluse la voce – se potesse portarcela oggi stesso a questo indirizzo”.
Il tono era grave, e mi fece rizzare i capelli in testa. Non perdemmo tempo: mettemmo la parrucca, accuratamente protetta, in una busta di plastica e Amintore mi mando’ con una pacca sulla spalla, a fare la consegna.

Fui veloce come un lampo: entrai nel portone e suonai all’ interno indicato.
Mi apri’ un signore di mezza eta’; percorsi un lungo corridoio fino ad una stanza in fondo. Li’ c’era un gruppo di persone con espressioni desolate, tutte intorno ad un letto. Riconobbi Casimiri, il medico di zona; con un brivido riconobbi anche Lorenzo, il “cassamortaro”. Guardai con un brivido la forma sul letto: era quasi irriconoscibile, ma era certamente la ragazza della parrucca.
“Ma… non capisco – balbettai io – mi aveva detto di non essere oncologica!”
Guardai ancora, sembrava addormentata, con una vistosa fasciatura intorno alla testa rasata. Pero’ non respirava…

Accanto al muro, di lato, vidi Lorenzo, che mi lancio’ un silenzioso messaggio con lo sguardo. Poi mi si avvicino’ e mi tolse il pacchetto dalle mani. Con movimenti delicati, dettati forse dall’ esperienza, pose delicatamente la parrucca alla ragazza defunta.

Era bellissima. Pareva la principessa delle fate, in attesa solo del bacio che la risvegliasse. Un bacio che ricordavo benissimo...
Mi parlarono, ma riuscii a capire a malapena qualcosa: la parrucca era solo un gioco, iniziato quando aveva scoperto che quella chioma lunga e rossa la rendeva bellissima. Le piaceva portare avanti questo gioco con me, facendo la misteriosa, fino al giorno che un’ auto pirata l’ aveva investita sulle strisce pedonali.
Lesioni cerebrali gravissime, era stata operata, invano. Nelle rare pause di coscienza e nei farfugliamenti del delirio, prima di venire a mancare, aveva parlato di me, della parrucca rossa, e di come voleva essere ricordata cosi’.

“E – aggiunse l’ uomo – diceva delle belle cose di te. Ti vedeva passare per la strada; ci ha detto di ringraziarti, che ti saluta con tutto il cuore. Credo si fosse anche un po’ innamorata…”.

Uscii barcollando, tra i saluti dei familiari piangenti che mi ringraziavano per averle allietato gli ultimi momenti. Anch’io piangevo, senza neanche accorgermene.
Non so se fu questo episodio a segnarmi, so solo che da allora non volli piu’ cambiare mestiere.

Daniele Zamperini (2024)
Annamaria Pullara
Matite di Roberta Floreani


Letto : 4285 | Torna indietro | Stampa la Pillola | Stampa la Pillola in pdf | Converti in XML
 
© Pillole.org 2004-2025 | Disclaimer | Reg. T. Roma n. 2/06 del 25/01/06 | Dir. resp. D. Zamperini
A  A  A  | Contatti | Realizzato con ASP-Nuke 2.0.7 | Versione stampabile Versione stampabile | Informa un amico | prendi i feed e podcasting di Pillole.org
ore 15:48 | 109334453 accessi| utenti in linea: 5230