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 Omega 3 prevengono fibrillazione atriale in cardiopaticiCategoria : cardiovascolare
 Data : 17 maggio 2005
 Autore : admin
 
 Intestazione :
 
 Gli omega 3 riducono il rischio di fibrillazione atriale nei pazienti con by-pass coronarico o con pace-maker. 
 Testo :
 
 Due studi italiani presentati al 26° congresso annuale dell'Heart Rhytm Society suggeriscono che gli acidi grassi omega 3 possono avere un ruolo nel ridurre il rischio di fibrillazione atriale in soggetti sottoposti a by-pass coronarico o portatori di pace-maker (PM).Il primo studio mostra che il trattamento pre-operatorio di pazienti sottoposti a intervento di by-pass riduce l'incidenza di fibrillazione atriale post-operatoria del 50%. Nello studio sono stati randomizzati 160 pazienti ad omega 3 (2g/die) o placebo iniziando almeno 5 giorni prima dell'intervento. Il trattamento è continuato fino alla dimissione. La fibrillazione atriale è comparsa nel 15% dei soggetti in trattamento attivo e nel 33% del gruppo controllo. In più la somministrazione di omega 3 ha permesso la dimissione in media un giorno prima (7.3 vs 8.2). La fibrillazione atriale  è comparsa indipendentemente dal trattamento con betabloccanti.
 Nel secondo studio sono stati reclutati 40 pazienti con PM che avevano presentato episodi parossistici di fibrillazione atriale. I pazienti sono stati trattati con omega 3 (1g/die) per 4 mesi; successivamente la terapia è stata interrotta. Prima del trattamento i pazienti avevano una media di 444 episodi di fibrillazione atriale parossistica, durante i 4 mesi di trattamento il numero di episodi è sceso a 181; alla sospensione ci fu un rimbalzo con 554 episodi.
 
 Fonte:
 26° congresso annuale dell'Heart Rhytm Society. Poster P1-31 e P1-51. 5 maggio 2005
 
 Commento di Renato Rossi
 
 Gli acidi grassi omega 3 sono attualmente approvati per il trattamento dell'ipertrigliceridemia e del post-infarto.
 Le evidenze di una loro efficacia nella prevenzione cardiovascolare primaria derivano soprattutto da studi di tipo epidemiologico ed osservazionale ed è stata documentata soprattutto negli uomini. Tuttavia recentemente, in una analisi del Nurses' Health Study, uno studio di tipo osservazionale prospettico su oltre 84.000 donne di eta' compresa tra 34 e 59 anni al baseline, si e' documentato che l'elevato consumo di pesce e di acidi omega 3 era associato a una significativa riduzione dei decessi coronarici e degli infarti non fatali durante i 16 anni del follow-up  (JAMA 2002 Apr 10; 287: 1815-1821). Nel post-infarto è stata dimostrata la capacità degli omega 3 di ridurre la mortalità per riduzione delle morti aritmiche (GISSI - Prevenzione trial. Lancet 1999 Aug 7; 354: 447-455).  Sono attualmente in corso studi randomizzati e controllati per dimostrare l'utilità degli omega 3 anche in prevenzione primaria in soggetti ad alto rischio cardiovascolare (Studio Rischio e Prevenzione).
 Oltre alle già dimostrate proprietà antiaritmiche gli omega 3 potrebbero ridurre il rischio di infarto e stroke grazie alla loro attività antitrombotica. Altre proprietà attribuite agli omega 3 sono: il rallentamento della crescita della placca aterosclerotica, il miglioramento della funzionalità dell'endotelio, la riduzione (modesta) della pressione arteriosa, l'effetto antinfiammatorio. Le attuali linee guida (Arterioscler Thromb Vasc Biol 2003;23:e23-e31,151-152) raccomandano, per i soggetti senza cardiopatia ischemica, il consumo di olio e cibi ricchi di acido alfa-linolieico e il consumo  di pesce almeno 2 volte alla settimana. I pazienti con pregresso infarto dovrebbero assumere 1g di omega 3 mentre quelli con ipertrigliceridemia potrebbero trarre benefici dalla assunzione di 2-4 g/die.
 I due studi italiani recensiti in questa pillola mostrano che gli omega 3 possono essere dotati di attività antifibrillante, tuttavia si tratta di piccoli studi preliminari (il secondo studio poi non era randomizzato e non aveva un gruppo di controllo). E' intrigante l'ipotesi che gli omega 3 possano essere usati nella prevenzione della fibrillazione atriale, ma sono necessarie altre conferme  derivanti da studi con casistica più numerosa, di più lunga durata.
 
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