 Test genetici in oncologia
Categoria : oncologia
Data : 14 settembre 2025
Autore : admin
Intestazione :
Un aggiornamento sui test genetici in oncologia.
Testo :
Un uomo di 67 anni, in cura per carcinoma prostatico metastatico con localizzazioni vertebrali, viene proposto per un test genetico. L'oncologo intende verificare se il tumore possa essere legato a una mutazione ereditaria, con potenziali implicazioni anche per i familiari, in particolare la figlia. Questo scenario sempre più frequente impone una riflessione sul significato dei test genetici nel contesto oncologico, distinguendo tra test somatici e test germinali, sulle mutazioni più rilevanti, sul ruolo di oncogeni e oncosoppressori, e infine sugli interrogativi etici che derivano dalla conoscenza genetica in assenza di strategie preventive efficaci.
Test somatico vs test germinale
Nel paziente oncologico si possono eseguire due tipi di test genetici: 1. Test somatico: analizza il DNA del tumore stesso (mutazioni acquisite), al fine di identificare target terapeutici. Le mutazioni identificate non sono ereditarie e non riguardano il rischio familiare. 2. Test germinale: analizza il DNA delle cellule normali (solitamente da sangue o saliva) per individuare mutazioni presenti dalla nascita, ereditabili e trasmissibili ai figli. Queste mutazioni possono aumentare il rischio di sviluppare tumori in vari distretti e riguardano direttamente i familiari del paziente. Nel caso del carcinoma prostatico metastatico, il test germinale è raccomandato secondo le linee guida internazionali (es. NCCN) per identificare mutazioni ereditarie che possono guidare la terapia e la prevenzione familiare.
Mutazioni germinali di interesse nel carcinoma prostatico
Le principali mutazioni germinali associate al carcinoma prostatico sono: 1. BRCA1/BRCA2 (Breast Cancer gene 1 e 2): oncosoppressori coinvolti nella riparazione del DNA. Le mutazioni, in particolare in BRCA2, sono associate a forme aggressive e metastatiche di carcinoma prostatico. Hanno anche implicazioni per il rischio di tumore mammario, ovarico, pancreatico e, in misura minore, melanoma. 2. ATM (Ataxia Telangiectasia Mutated): oncosoppressore coinvolto nella risposta al danno al DNA. Le mutazioni ATM conferiscono un rischio aumentato per tumore prostatico, mammario e pancreatico. 3. CHEK2 (Checkpoint Kinase 2): gene che codifica una proteina di controllo del ciclo cellulare. La mutazione è associata a rischio aumentato di ca prostatico, mammario e colorettale. 4. PALB2 (Partner and Localizer of BRCA2): agisce in sinergia con BRCA2 nella riparazione del DNA. Le mutazioni conferiscono rischio aumentato per tumore al seno, pancreas e possibilmente prostata. 5. HOXB13 (Homeobox B13): gene regolatore dello sviluppo prostatico. La mutazione G84E è associata a forme familiari di carcinoma prostatico, soprattutto a esordio precoce. Non è considerato oncosoppressore e non implica rischio aumentato per altri tumori. Rischio di carcinoma prostatico oltre ai tumori colorettale, endometriale, uroteliali e dell’ovaio.
Oncogeni vs oncosoppressori
La distinzione tra oncogeni e oncosoppressori è centrale nella genetica oncologica. Gli oncogeni sono geni che normalmente promuovono la crescita cellulare. Quando mutati in senso attivante, diventano iperfunzionanti e favoriscono la proliferazione incontrollata. Esempi noti sono HER2, RAS, MYC. Le mutazioni attivanti in oncogeni non sono generalmente ereditabili, poiché incompatibili con lo sviluppo embrionale. Gli oncosoppressori sono geni che limitano la crescita cellulare, riparano il DNA o inducono apoptosi. Le mutazioni inattivanti di questi geni rimuovono i "freni" della crescita tumorale. Le mutazioni germinali in oncosoppressori (es. BRCA1/2, TP53, ATM) sono la principale causa genetica dei tumori ereditari. Tuttavia, essere portatori di una mutazione germinale in un oncosoppressore non equivale a sviluppare un tumore: serve un secondo evento (second hit) che inattivi anche l'altra copia del gene.
Dilemmi etici e limiti attuali della medicina predittiva
Il caso della mutazione predisponente al carcinoma pancreatico evidenzia i dilemmi più profondi della medicina genetica. In assenza di programmi di prevenzione o diagnosi precoce realmente efficaci, sapere di essere portatori di mutazioni ad alto rischio (es. BRCA2, CDKN2A, STK11) può generare un carico psicologico importante, soprattutto in soggetti giovani e asintomatici. Gli strumenti di sorveglianza disponibili (RMN pancreatica, ecoendoscopia, dosaggio markers) non garantiscono necessariamente una diagnosi tempestiva e un miglioramento della sopravvivenza. In questo contesto, il test genetico offre più ansia che strumenti concreti. Il dilemma etico non è tanto se offrire il test genetico, ma come accompagnare la persona nella gestione di una conoscenza potenzialmente invalidante in assenza di soluzioni concrete. La libertà di scelta e il supporto psicologico diventano quindi elementi centrali di una medicina che vuole essere non solo precisa, ma anche umana. La genetica oncologica offre oggi nuove opportunità di diagnosi, terapia e prevenzione, ma anche nuove sfide etiche e psicologiche. Il caso del carcinoma prostatico avanzato con indicazione al test germinale è emblematico di una medicina che va oltre la malattia individuale e coinvolge l'intera famiglia, ponendo domande su come vivere, prevenire e convivere con un rischio genetico. Il futuro non sarà solo nella biotecnologia, ma nella capacità di affrontare la complessità della conoscenza genetica con consapevolezza e responsabilità clinica.
I test genetici cambiano in base al tipo di tumore
Le indagini genetiche cambiano in base al tipo di tumore, perché ogni neoplasia ha specifici geni associati al rischio ereditario. I test non sono “pan-genomici” indiscriminati (a meno che non si tratti di uno studio sperimentale o di una WES/WGS), ma mirati al quadro clinico, familiare e istologico. Nel tumore prostatico metastatico ad esempio l'obiettivo del test genetico germinale è verificare la presenza di mutazioni ereditate (germinali) che predispongano a tumore della prostata o ad altri tumori correlati (seno, ovaio, pancreas), implichino rischio anche per i familiari, siano target terapeutici (es. inibitori PARP). I geni testati più spesso sono: BRCA1/2, ATM, CHEK2, PALB2, HOXB13, MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, EPCAM (se sospetto sindrome di Lynch). Nel caso invece di carcinoma del colon-retto, il percorso genetico è diverso e si valuta rischio di sindromi ereditarie intestinali: 1. Sindrome di Lynch (o HNPCC): la più frequente, test iniziale: Immunoistochimica (IHC) su tessuto tumorale valuta la perdita di espressione di MLH1, MSH2, MSH6, PMS2; se positivi: test genetico germinale sui geni coinvolti. MSI test (instabilità dei microsatelliti) è un altro screening i cui sono coinvolti i geni: MLH1, MSH2, MSH6, PMS2, EPCAM (silenziamento epigenetico di MSH2). 2. FAP (poliposi adenomatosa familiare) e forme correlate. Geni testati: APC (mutazioni germinali causano la classica FAP), MUTYH (autosomica recessiva: MAP), POLE, POLD1 (forme rare di poliposi attenuata). 3. Altre sindromi più rare: Sindrome di Peutz-Jeghers (gene STK11), Sindrome di Cowden (gene PTEN), Juvenile polyposis syndrome (SMAD4, BMPR1A). I test genetici quinidi non sono tutti uguali, ma personalizzati in base al tumore, all’età di insorgenza, alla familiarità e al tipo di mutazione sospettata. Vengono guidati da algoritmi clinici, spesso integrati da un counselling genetico oncologico.
Il problema degli oncogeni
Un oncogene è la versione mutata o iperattiva di un gene normale (detto proto-oncogene) che normalmente promuove la crescita, la divisione e la sopravvivenza cellulare. Quando un proto-oncogene subisce una mutazione attivante, può trasformarsi in un oncogene, e diventare un motore della cancerogenesi. Un'alterazione germinale attivante di un oncogene è spesso letale nell'embrione: gli oncogeni agiscono in modo dominante e una sola copia mutata è sufficiente a causare iperproliferazione cellulare. Se un embrione eredita già alla nascita un oncogene iperattivato, molte cellule iniziano a dividersi in modo sregolato fin dalle prime fasi dello sviluppo. Questo disorganizza lo sviluppo embrionale, spesso non è compatibile con la vita e provoca aborti precoci spontanei, malformazioni fatali, o non impianto dell'embrione. Per questo motivo le mutazioni attivanti degli oncogeni sono quasi sempre somatiche, cioè acquisite durante la vita (es. a causa di radiazioni, fumo, sostanze mutagene) e sono localizzate in un singolo clone di cellule, non in tutte le cellule del corpo. Esempi classici: KRAS, NRAS, BRAF (in colon, polmone, melanoma), EGFR (tumori polmonari), HER2 (tumore mammario), MYC (linfomi), ABL1 (traslocazione BCR-ABL nella leucemia mieloide cronica). Ci sono rarissime eccezioni in cui mutazioni germinali in oncogeni vengono tollerate, ma causano sindromi malformative o predisposizione al cancro in età precoce. Esempi si questo tipo sono: 1. RET (mutazione germinale → neoplasia endocrina multipla tipo 2 – MEN2) 2. MET (carcinoma renale ereditario) 3. KIT (gastrointestinal stromal tumors – GIST) In questi casi le mutazioni sono specifiche, parziali, compatibili con la vita, e associate a patologie ad alto rischio oncologico precoce.
A cosa servono i test somatici?
I test somatici (o profilazione molecolare del tumore) servono a identificare mutazioni acquisite nel DNA delle cellule tumorali, essenzialmente con l’obiettivo di identificare target terapeutici (es. farmaci a bersaglio molecolare, immunoterapie) e prevedere la risposta o la resistenza a determinati trattamenti. In sintesi il test somatico analizza il DNA del tumore (non quello delle cellule sane) per mutazioni acquisite dal tumore nel tempo. Queste mutazioni non si trasmettono ai figli, perché non sono presenti nelle cellule germinali. Esempi: 1. Tumore polmonare non a piccole cellule (NSCLC). Mutazioni testate: EGFR (mutazioni attivanti), ALK, ROS1 (traslocazioni), BRAF V600E, KRAS G12C, MET exon 14 skipping, RET fusions. Farmaci mirati: Osimertinib (EGFR), Alectinib, Lorlatinib (ALK), Dabrafenib + Trametinib (BRAF), Sotorasib (KRAS G12C), Capmatinib (MET), Selpercatinib (RET). 2. Melanoma. Mutazione testata: BRAF V600E/V600K. Farmaci mirati: Dabrafenib + Trametinib, Encorafenib + Binimetinib, 3. Carcinoma del colon-retto. Mutazioni testate: KRAS/NRAS (resistenza a EGFR-i), BRAF V600E, MSI-H/dMMR (predice risposta a immunoterapia). Farmaci mirati: Panitumumab/Cetuximab solo se KRAS/NRAS wild-type, Encorafenib + Cetuximab (BRAF mutato), Pembrolizumab (MSI-H) 4. Tumore ovarico / mammario / prostatico (avanzato/metastatico). Mutazioni testate (somatiche o anche germinali): BRCA1/2, ATM, PALB2, RAD51C/D. Farmaci mirati: Inibitori PARP (es. Olaparib, Niraparib, Rucaparib)
WES e WGS
Si tratta di due metodiche avanzate di sequenziamento genomico, usate soprattutto in ambito di ricerca, diagnosi molecolare complessa o in contesti oncologici selezionati.
WES (Whole Exome Sequencing): analizza solo gli esoni, cioè le regioni del DNA che codificano per le proteine (~1-2% del genoma). Contiene la maggior parte delle mutazioni note a oggi coinvolte in malattie.Più economico e gestibile del WGS. Utilizzato spesso in: diagnosi di malattie genetiche rare, oncogenetica in casi complessi, studi di associazione genotipo-fenotipo. Pro: meno costoso, più facile da interpretare Contro: non rileva mutazioni in regioni regolatorie o introni
WGS (Whole Genome Sequencing): sequenzia tutto il DNA genomico, incluse: regioni codificanti (esoni),regioni non codificanti (introni, promotori, enhancers), varianti strutturali, traslocazioni, duplicazioni, ecc. È la tecnica più completa, usata in ricerca oncologica avanzata, studi sulle basi molecolari del cancro, medicina personalizzata nei centri altamente specializzati, tumori rari o ad andamento atipico. Pro: massima copertura Contro: costoso, difficile da interpretare, genera molti “dati incerti”
Quando si usano WES/WGS in oncologia? Tumori senza mutazioni note rilevate con pannelli classici Neoplasie rare o infantili Casi con forte sospetto di predisposizione genetica non spiegata dai test convenzionali Studi clinici di medicina di precisione
Esempi pratici: 1. Un paziente con tumore pancreatico a 45 anni e familiarità, ma test BRCA/ATM/MLH1 negativi: si può considerare un WES germinale per cercare mutazioni rare non incluse nei pannelli standard. 2. Un tumore refrattario senza mutazioni “target” note: si può eseguire un WGS somatico per cercare alterazioni strutturali, fusioni geniche o mutazioni non convenzionali.
Il Secondo colpo
Il secondo colpo (cioè la mutazione o inattivazione della seconda copia del gene oncosoppressore) può avvenire per cause diverse, che rientrano in tre grandi categorie: 1. Fattori endogeni (interni all’organismo): Errori spontanei durante la replicazione del DNA Ogni volta che una cellula si divide, esiste una probabilità (bassa, ma reale) che vengano introdotti errori. Con l’età, questi errori si accumulano. Instabilità genomica In soggetti con una mutazione in geni della riparazione del DNA (es. BRCA1/2, PALB2, ATM), l’efficienza dei sistemi di correzione è ridotta, quindi gli errori si accumulano più facilmente. Stress ossidativo Le specie reattive dell’ossigeno (ROS) prodotte dal metabolismo cellulare possono danneggiare il DNA. 2. Fattori esogeni (ambientali o comportamentali) Fumo di sigaretta Fortemente mutageno; aumenta il rischio di molte neoplasie anche nei soggetti geneticamente predisposti. Radiazioni ionizzanti (es. raggi X, CT frequenti, esposizioni professionali) possono causare rotture nel DNA. Esposizione a sostanze chimiche cancerogene Idrocarburi policiclici aromatici (benzene, catrame) Amianto Solventi industriali Pesticidi Infezioni oncogene: Virus come HPV, EBV, HCV, HBV possono alterare il controllo della proliferazione cellulare e favorire mutazioni secondarie. Stile di vita (potenzialmente influente, anche se indirettamente): diete ricche di grassi animali o povera di fibre, alcool, obesità cronica, sedentarietà. 3. Meccanismi epigenetici (silenziare senza mutare) A volte la seconda copia del gene non viene mutata, ma “spenta” attraverso modificazioni epigenetiche: Metilazione del promotore del gene: la cellula non esprime più il gene oncosoppressore, anche se formalmente integro. Deacetilazione degli istoni: riduce l’accessibilità del DNA alla trascrizione.
Questi meccanismi non cambiano la sequenza del DNA, ma bloccano comunque la funzione del gene, con lo stesso effetto di una mutazione. Però il secondo colpo non è garantito: molte persone portatrici di mutazioni germinali non svilupperanno mai un tumore, perché il secondo evento non avviene mai, o avviene tardi, o in un tessuto non critico. Per questo si parla di aumentato rischio, non di certezza.
Renato Rossi
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