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LA INCERTEZZA in MEDICINA

Categoria : professione
Data : 23 novembre 2025
Autore : admin

Intestazione :

[I] La Incertezza da secoli è una sgradita compagna di ogni medico: eppure anche dal nostro sentimento di incertezza possiamo trarre preziosi insegnamenti...



Testo :

LA incertezza può riguardare tutte le fasi del processo diagnostico e terapeutico. Anche quando si emette una prognosi, questa non è mai certa per l’impossibilità di prevedere esattamente l’evoluzione della malattia.
Pur essendo un elemento così importante se ne parla poco e poco o per nulla viene trattato durante il corso di studi universitari. Questo dipende da vari fattori, non ultimo il paradigma di origine cartesiana per cui una diagnosi discende da un processo quasi logico-matematico: in presenza di certi segni o sintomi ne consegue una diagnosi certa e ne deriva una terapia.
A questo contribuiscono anche i medici che raramente arrivano ad ammettere con il paziente di operare in condizioni di incertezza e i mass-media che tendono a mostrare i progressi scientifici come qualcosa di miracolistico.
Già Ippocrate aveva sancito che “l’arte è lunga e la vita breve, l’esperienza fallace e il giudizio difficile” a significare come la conoscenza nell’esercizio della medicina sia una meta ardua da raggiungere. Naturalmente molto tempo è passato dai tempi di Ippocrate e tra l’incertezza di allora e quella di oggi vi è un abisso colmato dai progressi che si sono succeduti nel corso soprattutto dell’ultimo secolo. Questo è senza dubbio vero, ma non si deve correre il rischio di cadere in una visione salvifica della medicina (purtroppo spesso magnificata oltre il dovuto dai mass-media), che porta a osservare una realtà deformata. Il guadagno in termini di riduzione dell’incertezza è indiscutibile, ma tutto questo non ha portato alla sua scomparsa.
Vi sono molte cause che provocano incertezza in medicina. Anzitutto va considerato che, pur usando le armi della matematica, dell’informatica, della fisica e dell’intelligenza artificiale, il medico studia malattie, vale a dire fenomeni biologici che sono per loro natura molto variabili da persona a persona.
Come spiegare altrimenti la diversa evoluzione clinica che si verifica, per esempio, in due pazienti affetti da una stessa patologia e che, apparentemente, presentano le stesse caratteristiche fenotipiche? I motivi sono diversi, non sempre conosciuti: predisposizione genetica, influenza dell’ambiente, diversa reattività, ecc.
Un’altra condizione che va considerata è l’imprevedibilità del ruolo dei fattori di rischio. Il fumo è la causa principale del cancro polmonare eppure non tutti i fumatori avranno un tumore al polmone e, d’altra parte, sono noti casi, seppur rari, di neoplasie polmonari insorte in soggetti non fumatori.
Si sa che l’ipercolesterolemia, l’ipertensione arteriosa e il diabete sono fattori di rischio per la cardiopatia ischemica eppure non in tutti si verificherà un infarto. D’altra parte anche trattando tali fattori con interventi sullo stile di vita e con farmaci l’infarto non scompare.
L’incertezza riguarda anche la terapia. Se si prescrive un farmaco non possiamo essere matematicamente sicuri che sarà efficace in “quel paziente”, anche se è si è dimostrata la sua utilità in studi clinici randomizzati e controllati. In pratica si sa che vi sono prove di efficacia a livello di popolazioni. Un farmaco può essere utile in una parte più o meno grande dei soggetti reclutati negli studi, ma una parte di pazienti non risponde al trattamento. E il nostro paziente potrebbe essere uno di questi ultimi.
Possiamo dire che da una parte sta la “certezza statistica” che un determinato intervento è stato utile, dall’altro sta l’incertezza clinica perché non possiamo prevedere se il malato trarrà beneficio dalla nostra prescrizione.
Inoltre va considerato che gli studi vengono spesso eseguiti su casistiche molto selezionate che non corrispondono necessariamente ai pazienti che si vedono ogni giorno negli ambulatori (anziani in trattamento con più farmaci, con comorbilità, ecc.). I risultati dei trials sono trasferibili nella pratica e generalizzabili?

Strategie per affrontare l’incertezza

Il medico pratico ha comunque al suo arco alcune ‘frecce-guida’ che lo possono aiutare a navigare nell’incertezza senza commettere grossolani errori.

Possiamo sintetizzarle così:

Paziente ‘nuovo’

 Ascolto attivo. Buona comunicazione
 Raccolta accurata della sua storia, sia nell’aspetto biologico, che nell’aspetto psicologico e sociale
 Uso delle probabilità ‘a priori’ (prevalenze delle malattie in quel contesto)
 Uso delle probabilità soggettive (affinate dall’esperienza)
 Formulazione delle prime ipotesi diagnostiche
 Esame obiettivo (EO) focalizzato sul problema posto dal paziente; se necessario, anche un EO più esteso
 Uso dell’occhio clinico (affinato dall’esperienza)
 Riconsiderazione delle ipotesi iniziali, usando, se necessario, delle flow-chart, degli algoritmi appositi, degli score, degli schemi diagnostico-terapeutici che il medico stesso si è costruito nel suo percorso esperienziale
 Se a questo punto il problema si risolve, il medico spiega quanto ha riscontrato e condivide con il paziente il percorso
 terapeutico, utilizzando, se necessario, la tecnica dell’ex-adiuvantibus
 Se invece i dati acquisiti non sono sufficienti, è necessario condividere con l’assistito l’incertezza della situazione. È importante rispondere con chiarezza e in modo esauriente alle domande che vengono poste, dimostrando competenza e comprensione, cercando di assumere il punto di vista anche del paziente
 Uso del ‘Time-test’: Il medico può ‘prendersi del tempo’ per approfondire i quesiti, nei libri di riferimento, in letteratura, consultando altri colleghi, rivedendo “score” e flow-chart, ecc.
 Comunicazione finale: alla fine, il medico comunicherà e discuterà col paziente le probabilità di malattia, i possibili accertamenti e i possibili percorsi di cura, concordando le priorità di intervento, in un clima di alleanza terapeutica.

Paziente ‘noto’

 Nel paziente ‘noto’ le strategie per affrontare l’incertezza sono le stesse.
 L’unica differenza fondamentale sta nella conoscenza approfondita dello stato bio-psico-sociale del paziente, e quindi nella conoscenza anche di eventuali allergie, intolleranze, fobie, credenze e pregiudizi che influiscono sensibilmente sul processo di cura, condizionandone a volte anche il risultato.
 La fiducia acquisita nel tempo facilita molto l’alleanza terapeutica e la condivisione delle decisioni

Il concetto di fondo è che l’incertezza non la si combatte…nascondendola, ma rendendo partecipe il paziente della complessità del procedimento diagnostico.


Tratto da: -Guida alla Professione di Medico- Autori G. Collecchia, R. De Gobbi, R. Fassina, G. Ressa, R.L. Rossi, D. Zamperini
GEDI Editore Torino 2023





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