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Inquinamento atmosferico e rischio cardiovascolare nelle donne
Inserito il 18 dicembre 2007 da admin. - cardiovascolare - segnala a: facebook  Stampa la Pillola  Stampa la Pillola in pdf  Informa un amico  

L'esposizione cronica al particolato fine atmosferico PM2,5 si associa con un incremento della mortalità e dell'incidenza di eventi cardiovascolari nelle donne in menopausa.

In questo studio di tipo osservazionale è stato esaminato il legame tra l'esposizione a lungo termine al particolato fine, detto anche PM 2,5 (particelle di diametro inferiore a 2,5 µm) e gli eventi cardiovascolari in 63.893 donne in post-menopausa senza precedenti noti di malattie cardiache. Le partecipanti abitavano in 36 aree metropolitane degli Stati Uniti e sono state seguite per circa sei anni.
L'esposizione agli inquinanti atmosferici è stata valutata sfruttando i rilevatori localizzati nelle aree più vicine alla residenza di ogni donna. L'esposizione agli inquinanti è stata effettuata nell'anno mediano del follow up (ossia il 2000) e la stratificazione è stata assegnata mediante un sistema di abbinamento tra le concentrazioni di PM2,5 rilevate nelle varie aree contrassegnate dai diversi codici postali di residenza delle donne. I dati sono stati aggiustati per vari fattori di confondimento (età, sesso, gruppo etnico, fumo, livello educazionale, presenza di diabete, ipertensione, iperolesterolemia, ecc.).
Durante il follow-up si verificarono 1.816 eventi cardiovascolari (fatali e non). Ogni aumento di 10 µm per m3 di PM era associato ad un incremento del 24% del rischio di eventi cardiovascolari (HR 1,24; IC95% 1,09-1,41) e del 76% di morte per malattie cardiovascolari (HR 1,76; IC95% 1,25-2,47). Anche il rischio di eventi cerebrovascolari risultò associato alla esposizione al particolato fine (HR 1,35; IC95% 1,08-1,68) tnto che per ogni incremento di 10 μg per metro cubo di PM2,5 si osservava un aumento del 35% di eventi cardiovascolari e dell'83% di morte per causa cerebrovascolare. Le differenze tra le esposizioni tra città sono state più piccole di quelle osservate nell'ambito della medesima città.
Gli autori concludono che l'esposizone al particolato fine è associata ad un aumento delle malattie e delle morti cardiovascolari nelle donne in post-menopausa.

Fonte:

Millaer KA et al. Long-Term Exposure to Air Pollution and Incidence of Cardiovascular Events in Women
N Engl J Med 2007 Feb 1; 356:447-458



Commento di Renato Rossi

Il particolato fine (PM = Particulate Matter), conosciuto anche col nome di "polveri sottili", si forma o per processi naturali (vulcani) oppure per procedimenti legati all'industrializzazione (motori a scoppio, centrali elettriche, cementifici, inceneritori, ecc.). La letteratura è ricca di studi che hanno dimostrato che l'esposizione cronica al PM comporta un aumento del rischio di malattie cardiovascolari e respiratorie nonchè della mortalità [1,2,3], anche se sembra che questi danni possano essere, almeno in parte, reversibili [3]. L'attenzione dei medici si sta sempre più spostando sull'impatto che l'inquinamento atmosferico in generale può avere non solo sul clima ma anche sulla salute dell'uomo. E' sotto gli occhi di tutti la necessità di una politica di riduzione delle emissioni inquinanti a livello planetario, ma per far questo ci vuole la volontà dei vari governi oltre che l'investimento di enormi risorse di tipo economico e tecnologico. La situazione è grave, come hanno fatto notare anche recentemente gli scienziati, perchè la terra si sta surriscaldando e i cambiamenti climatici che ne conseguono potrebbero portare a conseguenze devastanti nel giro di pochi decenni. Secondo uno studio, durato sei anni, dell'IPCC (il panel di esperti voluto dall'ONU), l'uso intensivo dei combustibili fossili sta provocando cambiamenti climatici ormai quasi arrivati al punto di "non ritorno" [4]. Vengono ipotizzati scenari catastrofici degni dei più terrificanti film hollywoodiani, con desertificazione di aree abitate, innalzamento dei mari, scomparsa di importanti città costiere, milioni di profughi. E' in gioco non solo la salute nostra e delle generazioni future ma anche la stessa configurazione geografica del pianeta.


Commento di Luca Puccetti

Lo studio si differenzia da altri precedenti studi dell'inquinamento atmosferico (5, 6) in quanto non si è limitato a confrontare la variabilità tra diverse città nei livelli di inquinamento, ma ha stimato l'effetto nell'ambito della stessa città che è risultato molto più forte di quello delle differenze rilevate tra diverse città. Inoltre nello studio sono state incluse solo donne in età postmenopausale e senza fattori di rischio o precedenti eventi cardiovascolari. Il livello di esposizione non è stato monitorato longitudinalmente durante tutta la durata dello studio, ma è stato rilevato nell'anno 2000, quello, a detta degli autori, più ricco di misure. La stima del'esposizione l particolato è stata effettuata stratificando in base alle concentrazioni rilevate nelle divesre aree postali. Sono state considerate molti confounding factors tra cui anche quelli economici oltre che quelli demografici e clinici. Solo le PM2,5 tra i vari inquinanti atmosferici analizzati sono risultate statisticamente associate alle variazioni della morrbilità e mortalità cardiovascolare. E' abbastanza sorprendente che sia stata più forte la relazione con la mortalità cardiovascolare che con gli eventi cardiovascolari ciò potrebbe essere dovuto ad una misclassificazione delle morti che potrebbero aver sottostimato le cause respiratorie e vantaggio di quelle cardiocircolatorie oppure si può pensare ad un'azione spiccata delle PM2,5 sugli eventi più gravi (tachiaritmie ventricolari od ictus ischemici). La relazione è stata particolarmente forte nei soggetti obesi. Risultati simili erano stati ottenuti dall'estensione ad 8 anni dello studio sulle 6 città, che però aveva dimostrato nelle sei città esaminate una diminuzione dell'inquinamento che si rifletteva in una diminuzione della mortalità totale (3).
Ciò che più colpisce oltre alla relazione quantitativa (che rafforza l'ipotesi di un legame causale) tra esposizione cronica alle PM2,5 e mortalità/morbilità cardiovascolare è che, data la forza di tale associazione, i risultati di molti degli studi precedenti aventi come end points gli eventi o la mortalità cardiovascolari potrebbero subire rilevanti variazioni se si considerasse il ruolo delle PM2,5. Ma questo ragionamento metodologico vale anche per questo stesso studio: ossia è sempre possibile che, per quanti fattori confondenti si possano prendere in considerazione, ce ne sia uno o più che esercitino effetti rilevanti sugli end points, pertanto, pur segnalando la forza delle relazione tra PM2,5 ed eventi/mortalità cardiovascolari, occorre sempre porre molta prudenza nell'interpretrazione dei risultati di questi studi.


Referenze

1. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=526
2. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2343
3. http://www.pillole.org/public/aspnuke/news.asp?id=2366
4. La Repubblica, 3 febbraio 2007, pag. 14-15
5. NEJM 1993; 329:1753-59
6. Am J Respir Crit Care Med 1995;151:669-74

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