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Fibrillazione atriale
Inserito il 16 febbraio 2006 alle 05:15:00 da R. Rossi. | stampa in pdf | Commenta questo capitolo | Consulta il tutorial pdf su come navigare il manuale al meglio
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Rossi.
Ti capisco, eppure, adattando e semplificando le ultime linee guida del 2006 [20], possiamo chiudere ipotizzando quattro scenari e vedrai che le cose sono meno complicate di quanto può sembrare.

PRIMO SCENARIO: Paziente con FA e instabilità emodinamica e/o clinica e sintomi importanti (notevole tachicardia, dispnea, angor, ecc.).
Ovviamente può trattarsi di un primo episodio, oppure di un paziente che va incontro spesso a episodi ricorrenti di FA parossistica o infine di una FA cronica che è peggiorata per vari motivi (aumento della pressione, infezione intercorrente, ischemia, ecc.). Il paziente, in ogni caso caso, va ricoverato per gli accertamenti del caso e la stabilizzazione del quadro clinico.

SECONDO SCENARIO: Paziente con pochi o nessun sintomo in cui la FA sia insorta da meno di 48 ore.
Potrebbe trattarsi di un primo episodio oppure di un paziente che ha già avuto in passato episodi analoghi. In ogni caso è proponibile l'invio urgente dal cardiologo. Infatti se la FA è iniziata da meno di 48 ore il rischio tromboembolico è pressochè assente e si può tentare la cardioversione farmacologica. I farmaci più usati a questo scopo sono amiodarone, propafenone, flecainide. Ovviamente prima andrebbe sempre esclusa la presenza di un trombo in atrio sinistro con ecocardiogramma (meglio se transesofageo). L'iter successivo dipende dal risultato della cardioversione (vedi in seguito).
In pazienti selezionati che hanno già avuto episodi analoghi in passato e che verosimilmente sono in trattamento profilattico con antiaritmici si può consigliare la strategia "pill in the pocket" che abbiamo visto prima.

TERZO SCENARIO: Paziente con FA insorta da più di 48 ore e pochi o nessun sintomo.
Spesso la FA non è databile con sicurezza, anche se di insorgenza recente.
Ovviamente può trattarsi di pazienti con un primo episodio oppure di soggetti che già in passato hanno avuto FA parossistiche ritornate in ritmo sinusale.
In questi casi eseguire una cardioversione farmacologica immediata può essere pericoloso perchè se si è già formato un trombo il ripristino del ritmo sinusale potrebbe far partire un embolo. La strategia migliore è iniziare il warfarin e programmare dopo 3-4 settimane il ricovero per la cardioversione elettrica, se nel frattempo l'episodio non si fosse risolto spontaneamente (cosa che può verificarsi anche nel 50% dei casi). Ovviamente insieme con la TAO può essere somministrato un farmaco per il controllo della frequenza se necessario (betabloccante, verapamil, diltiazem o digitale). Se la cardioversione riesce e si tratta di un primo episodio non è necessario somministrare una profilassi antiaritmica. Se invece si tratta di pazienti che hanno avuto episodi ricorrenti di FA parossistica si può prescrivere una profilassi farmacologica con farmaci per il controllo del ritmo (amiodarone, flecainide, propafenone sono i più usati). Va sempre valutata, in caso di forme recidivanti, la necessità di una terapia antiaggregante o anticoagulante: infatti in questi pazienti, anche se ritornano in ritmo sinusale, si verificano spesso episodi di FA asintomatica responsabili di fenomeno tromboembolici.
Se nonostante la profilassi farmacologica si registrano nuove recidive si può inviare il paziente presso centri specializzati per l'ablazione dei foci atriali.
Se la cardioversione non riesce e l'aritmia persiste si passa ovviamente allo scenario successivo.

QUARTO SCENARIO: Paziente con FA cronica (o permanente)
In questo caso il paziente va messo in terapia anticoagulante o antiaggregante a seconda del rischio, come abbiamo detto prima. Inoltre, se necessario, va prescritto un farmaco per il controllo della frequenza: betabloccante, calcioantagonista non diidropiridinico, digitale. E' necessario evitare l'associazione betabloccante + calcioantagonista diidropiridinico. Se la FA è caratterizzata da una bradicardia importante ovviamente i farmaci per il controllo della frequenza non vanno usati; talora, in caso di bradicardie gravi, si deve ricorerre all'impianto di un pace-maker.



AGGIORNAMENTO 2009

Una revisione sistematica [1] suggerisce che l'ablazione a radiofrequenze nella fibrillazione atriale è efficace fino a 12 mesi, come terapia di seconda linea, nel mantenere il ritmo sinusale, nel migliorare la qualità di vita e nel ridurre il ricorso all' anticoagulazione e i ricoveri, purchè si tratti di pazienti giovani.
Per il momento la procedura dovrebbe essere praticata solo a soggetti giovani, con buona funzione contrattile cardiaca di base, nei quali l'aritmia risulti poco tollerata e che non rispondono al trattamento medico. Per ulteriori particolari si rimanda ad un nostro articolo più completo: http://www.pillole.org/public/aspnuke/newsall.asp?id=4751


1. Terasawa T et al. Systematic Review: Comparative Effectiveness of Radiofrequency Catheter Ablation for Atrial Fibrillation. Ann Intern Med 2009 Aug 4; 151: 191-202.



 
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